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19 Novembre 2011
UNGULATI: E’ MOBILITAZIONE, LA PROVINCIA “RICONOSCE” L’EMERGENZA MA ORA SERVONO INTERVENTI

Mobilitazione pacifica, per ora. Ma gli agricoltori sono pronti, se nulla sarà fatto per arginare l’emergenza ungulati a ritornare per le strade e nelle piazze, trattori. “Se sarà necessario – minaccia Dina Pierotti, Presidente Provinciale Coldiretti – torneremo nel piazze. La Provincia durante l’incontro ha manifestato la continuità dell’impegno nell’affrontare un’emergenza che riguarda, ormai, tutta la comunità. Abbiamo apprezzato la sponda che ci è stata data dall’Assessore all’Agricoltura Diego Santi che già in passato era stato molto attento e presente nella gestione dell’emergenza. Ora alle buone intenzioni, confidiamo seguano i fatti”.
Giusto per dare una proporzione di cronaca al fenomeno: in Toscana sono presenti 140.000 caprioli, 150.000 cinghiali, 10.000 daini, 3.000 cervi e 2.000 mufloni. A questi vanno sommati migliaia di stoni e piccioni. Praticamente un esercito che “divora” qualcosa come 4 milioni di quintali di alimenti verdi, pari a 20 milioni di euro – secondo i dati Coldiretti – di foraggere all’anno. Solo i cinghiali sono “colpevoli” del 66% dei danni causati. Le principali coltivazioni danneggiate sono i cereali, oleoproteaginose, frutteti, orti e oliveti.
L’azione di “rivendicazione del diritto a fare impresa” rilanciata da Coldiretti su scala regionale, e da lì, in ogni singola provincia attraverso la convocazione straordinaria dei consigli, un risultato intanto l’ha già prodotto: “riportare al centro del dibattito l’emergenza ungulati in vista della definizione del Piano Regionale Agricolo Forestale (PRAF) all’interno del quale saranno contenuti gli indirizzi per la gestione faunistica venatoria. In un documento (in allegato), dal titolo limpido - “Ungulati o agricoltura: è ora di scegliere…” - rivolto agli amministratori regionali, provinciali e locali, una sorta di ultimatum “politico”, insieme ad una serie di proposte non più eludibili. E soprattutto chiare.
“Nel documento che abbiamo presentato – spiega la Pierotti – abbiamo sottolineato insieme all’insostenibilità della presenza di queste specie che sono totalmente fuori controllo, la necessità di interventi e misure concrete. Penso, per esempio, all’innalzamento del tetto di prelevamenti e dei piani di abbattimento, all’anticipazione ed allungamento del periodo di caccia, alla possibilità, nelle aree non vocate, in presenza di danni alle colture, di prevedere l’intervento diretto dell’agricoltore o in alternativa di personale abilitato al controllo della fauna. Le azioni messe in campo fino ad oggi non sono state efficaci o non saremmo qui pronti a scendere di nuovo in piazza”. Per gli agricoltori “prelevare” di più, allungare, anticipare il periodo di caccia, è sol una fetta, se pur importante, delle azioni da mettere in campo insieme a “censimenti corretti e puntuali” e alla determinazione delle “densità” così da contenere il danneggiamento delle colture. “Il territorio non può sostenere densità come quelle attuali – sostiene la Pierotti – l’effetto sulle colture è devastante”.
Un piano di interventi che chiama in causa il mondo venatorio “individuando dei sistemi partecipativi reali nella gestione delle popolazioni degli ungulati da parte dei cacciatori attraverso meccanismi premianti-penalizzanti” e gli Ambiti Territoriali di Caccia, le ATC con il rinnovo, entro i termini stabiliti “dei Comitati di Gestione degli ATC “individuando soggetti di provata competenza mentre per quanto riguarda le rappresentanze delle organizzazioni - si legge nel documento – deve essere tenuta in conto l’effettiva rappresentatività delle organizzazioni stesse”.
Poi c’è tutta la questione legata ai risarcimenti e al pantano burocratico, altri nodi dolorosi che si accompagnano ai danni: “Il risarcimento del danno deve tenere conto sia del valore del prodotto perduto, che dei danni pluriennali o permanenti alle strutture produttive e agli impianti”.  “All’impegno – conclude la Pierotti – seguano i fatti. E’ ora di scegliere: ungulati o agricoltura?”.

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