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9 Ottobre 2010
CACCIA: FURIA CINGHIALI NELLE AREE BIANCHE, E ORA SI TEME ANCHE LO STORNO

Furia cinghiali nelle aree non vocate a ridosso delle colline lucchesi. Gli ultimi attacchi risalgono alle scorse settimane nella zona di Carignano – Sant’Alessio, ma numerose sono le segnalazioni di danni negli ultimi mesi nei comuni di Piazza Al Serchio, Sillano, Minucciano, Camporgiano e San Romano. All’emergenza cinghiali, più volte fatta presente dalla Coldiretti Provinciale presto, nelle prossime settimane, si unirà anche quella degli storni, che dopo gli scempi estivi ai frutteti, rivolgeranno le loro attenzioni agli uliveti.
Intanto è destinata a salire la conta dei danni economici che nel 2009 si sono attestati intorno ai 50 mila euro: metà imputabili agli storni, e l’altra metà ai cinghiali in particolare nelle aree cosiddette bianche, ovvero, zone ad alta densità agricola, e dove il cinghiale non deve stare. “E’ necessario porre l’attenzione sulla questione – spiega Francesco Ciarrocchi, Direttore Provinciale Coldiretti – l’Ambito Territoriale di Caccia, e la Provincia di Lucca devono far fronte a questa emergenza autorizzando, in particolare nelle aree non vocate, battute di caccia mirate per contenere la popolazione di cinghiali che si sta sempre più spingendo verso la valle. La nuova legge regionale sulla caccia lo permette, è uno strumento da utilizzare in caso di emergenza”. Il caso di Carignano è emblematico della questione cinghiali fuori controllo: “L’area si trova confinante con un’area vocata, dove sono presenti boschi che purtroppo non gli forniscono cibo. I cinghiali sono costretti a spingersi verso le aree agricole per nutrirsi, ma così devastano tutto. Questa settimana sono tre le segnalazioni. E tutte da quell’area”.

Danni economici destinati, nel 2010, a salire viste le segnalazioni sempre più numerose, ma che restano comunque marginali rispetto al problema reale. “Molte aziende – spiega Dina Pierotti, Presidente Provinciale Coldiretti – non fanno nemmeno più richiesta danni. Tanto è l’impotenza. La Provincia deve prendere atto del fatto che la convivenza tra agricoltori e questo animale è impossibile. Chiediamo – ribadisce– la sua eliminazione nelle aree dove sussistono coltivazioni utilizzando lo strumento che glielo consente (articolo 37). Accanto al danno economico c’è anche un danno biologico, lo stress emotivo di chi in una sola notte vede svanire il lavoro di mesi che è ancora più grande e non c’è nessun rimborso che lo possa pagare”. Da qui il nuovo appello, l’ennesimo, all’amministrazione provinciale. “Una decisione non è più rimandabile – conclude la Pierotti – e non si può più far finta di nulla di fronte ad un’emergenza seria”.

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